Ultima domenica d’agosto, di un’estate bizzarra e imprevedibile, buona per anziani disincantati senza sogni di spiagge e feste, temporale quasi tropicale con brusca diminuzione della temperatura, aria che sa di autunno, gli umani zuppi di pioggia alla ricerca d’improbabili ripari.
Dalla sommità di Nocera, acropoli fuori tempo, le nuvole nere cariche di pioggia diradano d’improvviso e un sole di nuovo prepotente illumina un gruppo di persone nello spazio non ancora pavimentato davanti al seminario, vicino alla cattedrale, sopra il municipio, sotto la torre dei misfatti.
E’ stato restaurato tutto dopo il terremoto, si respira un’aria di nuovo, di fresco, un po’ museale.
Si nota un uomo anziano che non dimostra gli 88 anni della sua età:il prof. Domenico Ettorre. Accanto a lui suo figlio Giuseppe con la moglie e i tre figli, poi intorno altre persone. Sono venuti per ricordare ed onorare la memoria del loro antenato monsignor Ettorre, vescovo di Nocera per tre anni durante l’ultima guerra.
Lo avevano mandato da Roma in questa lontana provincia, come punizione per la sua avversione al regime, per essere vicepresidente nazionale dell’azione cattolica, invisa al partito, che pretendeva di avere l’esclusiva nell’educazione della gioventù .
Grande uomo e sacerdote, generoso sino a indebitarsi per sostenere la diocesi e i poveri: debiti che venivano spesso onorati dai fratelli di quel di Leonessa di Rieti, allora facente parte dell’arcidiocesi di Spoleto, dove, infatti, fu celebrata la sua nomina a vescovo. Severo ma aperto e disponibile nella sua azione pastorale che svolgeva dall’episcopio, muovendosi anche a dorso di mulo sino ai più lontani paesi della diocesi: perché allora Nocera estendeva la sua potestà anche su territori delle vicine Marche.
Città importante allora, e da sempre, da quando fu municipio romano sull’antica via consolare Flaminia . Qui sono passati tutti: legionari e imperatori, papi e pellegrini, eserciti in fuga e vacanzieri e Francesco in cerca di un’impossibile salute. Città delle acque che attirò un turismo d’elite non massificato com’è dei nostri giorni, venivano persone alla ricerca di riposo e salute dalla virtù delle acque come fu per Felice Bisleri che ne trasse spunto per impiantare una attività industriale che rimase fiorente sino ad alcuni decenni fa. E’ rimasto poco della passata grandezza, ma i lavori del post-terremoto le hanno ridato una bellezza discreta e intima che si spera possa essere valorizzata per una rinascita del posto.
Ettorre vescovo, nei tre anni del suo incarico rivoluzionò l’attività della Chiesa in questa parte dell’Umbria, in senso moderno, spesso in contrasto con il potere politico. Uomo corpulento e di carattere morì improvvisamente alla fine di una celebrazione liturgica nella chiesa di Sassoferrato. Fu sepolto, accanto ad altri prelati che lo avevano preceduto, nella cattedrale di Nocera. Alcuni anni dopo un fratello ne pretese la salma che fu traslata a Leonessa nella tomba di famiglia.
Tra le persone che accompagnano gli Ettorre, ci sono anche i tre sacerdoti rimasti a Nocera: don Germano Mancini, don Girolamo Giovannini, don Angelo Menichelli, pattuglia esigua dei tanti presenti quando il seminario era attivo e la città era sede di una diocesi. Il seminario è chiuso da alcuni decenni e i seminaristi che noi bambini chiamavano pretini, quando passavamo in vespa di ritorno da Sigillo, non sciamano più per le vie del borgo o lungo la via romana.
Il gruppo di persone è poi entrato negli spazi e nell’ampio salone del seminario ristrutturato e qui don Girolamo, ha ricordato la figura e l’opera di monsignor Ettorre: avvenimenti e aneddoti e pensieri tramandati dai sacerdoti ormai scomparsi che gli erano stati accanto.
Quanta nostalgia nel racconto, per quei tempi, per quel loro essere giovani seminaristi e sacerdoti all’alba della vita, nati in una società non ancora secolarizzata e incamminati verso un mondo che non li avrebbe voluti più, al massimo tollerati.
La visita è stata preceduta, la mattina, da un momento d’incontro a Sigillo nella campagna della famiglia del sottoscritto e ora del gruppo facciamo parte anche noi, mia moglie ed io, accanto ad amici di Germano di Foligno. E’ stato lui, don Germano, che ha organizzato la visita su mia sollecitazione dell’ultimo momento, ma non ho avuto dubbi che sarebbe riuscito nell’intento.
Così ora eravamo tutti lì nei locali restaurati del seminario, uniti da un misterioso destino che prendeva le mosse dall’attività di primario chirurgo presso l’ospedale S.Camillo di Roma di Domenico Ettorre. Ormai in pensione, è stato figura eminente della chirurgia ospedaliera romana, aveva goduto della stima del prof. Stefanini che gli aveva conferito la docenza e quindi il titolo di professore. Era in rapporti di amicizia con un allievo della scuola stefaniniana, il prof. Baglioni, nocerino doc che finì la sua carriera in quel di Sora come primario ospedaliero di quell’ospedale.Il figlio del prof. Ettorre, Giuseppe ne ha seguito le orme e da alcuni anni è primario del reparto di “ chirurgia dei trapianti ed oncologica” dell’ospedale S.camillo-Spallanzani di Roma, dove ha portato tecniche innovative apprese in anni trascorsi a Parigi in centri specializzati .
E’ mio amico da anni e ho frequentato a lungo la sua sala operatoria. Poi ho avuto bisogno di lui come paziente per sostituire un organo che si era stancato di lavorare, così ci siamo legati ancora di più in affetto e amicizia e quella domenica mi è venuto a trovare con tutta la sua famiglia, e con Germano gli abbiamo organizzato questa visita a Nocera. Il padre che durante la mattina era stato silenzioso e appartato si lasciava ora andare a ricordi e nostalgie in un narrare senza fine come di veglia invernale nei casolari delle nostre campagne. Raccontava di quando era fuggito dal presidio militare che lo avrebbe arruolato nell’esercito di Salò e dalla lontana Leonessa era venuto a piedi a Nocera a rifugiarsi dallo zio vescovo.
Ci indicava dalla terrazza sotto la torre, la campagna che aveva percorso lontana dalle strade per giungere all’episcopio, e della meraviglia affettuosa e preoccupata dello zio. Ricordava le frequenti visite del padre al fratello vescovo, e aggiungeva con pudore del denaro che lasciava per ripianare i debiti.
Io che sono stato l’ultimo chirurgo del glorioso “Ospedale dei Pellegrini” di Nocera, per gli strani intrecci del destino sono stato operato dal chirurgo Giuseppe Ettorre, parente del vescovo di Nocera, Ettorre.
La visita e i racconti terminano che il pomeriggio è ancora luminoso, i convenuti riprendono la strada di casa, il seminario, l’episcopio e la torre vicina, tornano nel silenzio a parlare con il vento e con le voci passate.