Le nuove povertà e l’accoglienza agli immigrati

 

 

 

 

L’altro giorno, al corso, appoggiato al muro, dov’era una volta la sede del partito socialista italiano, stava un anziano della città.  Abiti dignitosi anche se un po’ logori , un cappello in una mano, sull’altra una ciotola accostata al corpo, non protesa in avanti, come se la funzione a cui era deputata dovesse essere solo accennata, perché non abituale o addirittura mai fatta prima, e comunque non acquisita o per via della non consuetudine o per tratto caratteriale, o per un vissuto , per una storia di vita che non aveva previsto quella funzione.      Chiedeva la carità!                      Sempre lungo il corso, sciamavano ragazzi di colore, con le loro donne nuovamente incinte, più in là un altro nero chiedeva l’elemosina con fare tra l’amichevole e l’aggressivo che faceva sentire i passanti obbligati ad un rapporto anche se fugace .              E dunque pacche sulle spalle e sguardi di simpatia non sentita, un  po’ falsa, quasi vigliacca.           Più lontano, ad un semaforo vicino l’ospedale un altro anziano della città cercava di vendere senza successo improbabile mercanzia cinese, poco più in là di nuovo due africani imponevano un aiuto non richiesto per un  parcheggio pubblico. Molti, malvolentieri, corrispondono alla richiesta. Povertà diverse, stesse sofferenze, risposte variegate.         Noi ,privilegiati, non attanagliati dal bisogno,  disinvolti e inconsapevoli di un benessere portato addosso come un vestito , quasi biancheria intima necessaria, contempliamo tutto questo, distratti o  se attenti , dissertanti su categorie etiche e socio-politiche che rimandano al mondo intellettuale dei massimi sistemi.    Rientriamo nelle nostre automobili , torniamo nelle nostre case avvolti dalle cose che abbiamo accumulato negli anni di lavoro o di fortuna, e cancelliamo dagli occhi della mente le immagini scomode della strada.          La sera sprofondati nelle poltrone le rivedremo riproposte nei talk televisivi da gente anch’essa comodamente assisa nelle poltrone del benessere conquistato per parlare di quelle cose.    Pochi , mal tollerati quelli che si sporcano le mani, quelli, i più, non parlano, si danno da fare, lontano dai riflettori.