La quercia resuscitata
Era campagna ubertosa, terra grassa, dalle mura della città sino al profilo dei monti Martani, oltre le colline di Montefalco e Bettona. Chilometri di campagna interrotta graziosamente da agglomerati urbani non ancora paesi: Sterpete, Borroni, Scafali, Budino……. E poi Bevagna e Cannara, già paesi con dignità di città. Campagna, una volta lago preistorico bonificato dal tempo e dal lavoro degli uomini, e una strada nobile e antica che l’attraversava, la consolare Flaminia, ancora oggi sopraelevata a ricordo dell’acquitrinio che i romani trovarono nella sua costruzione. Così da sempre sino a pochi anni fa, quando decisero che per rimpinguare le casse del Comune e favorire gli amici costruttori andava urbanizzata. E fu Paciana e furono ville e villini con recinti di private esclusioni. Ma occorreva fare, produrre, competere, dunque capannoni e strade per uno sviluppo necessario. Molti rimasti scheletri vuoti mai utilizzati o abbandonati. Lungo una delle nuove strade tra capannoni e cemento, in una zona densamente antropizzata, è rimasta una quercia secolare sopravvissuta alla modernità circostante e prima, alla necessità di traversine per le rotaie. E’ sembrato anno dopo anno che l’angoscia del suo esistere in quel mondo sconosciuto ed ostile fosse insopportabile, e questo sentimento era comune all’albero e all’umanità indaffarata intorno. Così ha preso a seccarsi dopo secoli di sopravvivenza e la cosa è stata salutata con gioia dagli umani che hanno preso a decapitarla in attesa della più onerosa faccenda dell’abbattimento del tronco principale. Ma questa primavera è accaduto il miracolo: dalle braccia amputate sono spuntate rigogliose foglie e gettoni teneri. Sarà una riscossa o un superbo addio?