La necessità di comprendere l’attualità alla luce della storia

 

Robert Burns: come vorrei che un qualsivoglia potere ci concedesse di vederci come ci vedono gli altri

 

Le tre grandi religioni monoteiste hanno contribuito allo svolgersi della storia umana. Hanno dato un credo e con esso un conforto, un senso, alla vita dei loro fedeli. Oggi la cultura occidentale in particolare europea ha abbandonato la prospettiva religiosa nell’approcciare i grandi temi etici del bene e del male, e quelli escatologici dell’uomo e dell’universo. Temi che sono pietre angolari del pensiero di tutti i tempi. L’approccio illuminista del XVIII secolo, nel quale la costituzione europea riconosce la sua legittimazione ed origine, ha comportato la rimozione delle radici giudaico-cristiane dell’Europa e con esse l’approccio religioso al pensiero della morte e del peccato. Lì la creazione di una città di Dio trascendente nella quale l’uomo di fede avrebbe vissuto dopo la morte risolveva alla radice l’angoscia della fine terrena. E il male che sempre incombe sull’uomo e da cui fatalmente si lascia sedurre, dal peccato originale in poi, era sanato dal sacrificio di Cristo sulla croce, con il caricare su di sé tutto il peccato del mondo. La modernità laica, atea, e post-illuminista ha decretato la morte di Dio e al suo posto ha innalzato la dea ragione-scienza. Le mirabolanti realizzazioni della stessa hanno coperto il vuoto dell’assenza di un Dio trascendente, mostrando come essa scienza sia in grado di guarire, allungare l’esistenza in una prospettiva senza limite, quasi a simulare l’immortalità. Per il male, tolta la dimensione del peccato, ha riempito di beni di consumo l’umanità progredita. Questa si è sentita come avvolta in una coltre morbida e calda che offusca il pensiero, e nasconde nefandezze, ingiustizie, prevaricazioni che hanno consentito quel benessere. Eliminando così la consapevolezza del peccato commesso che ne è all’origine, e che suonerebbe condanna.

La merce di scambio per godere appieno del benessere è la condivisione del modello culturale delle democrazie occidentali come valore di riferimento assoluto da esportare in tutto il mondo.  Magari, come si è fatto in passato anche con le armi, o in modo più soft con il denaro.                                                                           Nel nome di una superiorità culturale e morale l’Occidente ha rivendicato il ruolo di guida, quasi crociata del bene contro il male, come è accaduto nel secolo scorso con la guerra vittoriosa contro le autocrazie di allora.  Un recupero di verginità ottenuto scaricando sugli sconfitti tutto il male occorso. Le malefatte dei dittatori hanno fornito occasione propizia di lavacro per quelle delle vincenti democrazie. Sui dittatori sconfitti si è caricato tutto il male della storia del Novecento. E sul male dei vincitori si è steso un velo che doveva occultarlo, in modo che rifulgesse solo il bene di quel campo. Quello era il campo del bene che aveva sconfitto il male. Alla fine questa narrazione della storia ha fatto rifulgere il modello di vita della società occidentale, che prometteva la libertà dal bisogno e un aumento esponenziale dei diritti degli individui. Il tutto garantito dalla ricchezza che il capitalismo, il libero mercato, la globalizzazione conseguente avrebbe garantito a tutti. Ma il teorema si è incagliato nella realtà storica. I popoli, dei quali la gran parte non vive in Occidente, non hanno accettato il modello proposto. Vuoi perché succubi di dittatori, o della religione dominante, o della loro arretratezza culturale, o ………….                                                                           Non l’hanno accettata, e stanno creando accordi e sinergie tra di loro in modo da liberarsi da queste pulsioni di civilizzazione, democrazia, progresso, con relativi interessi economici che l’Occidente non si stanca di proporre. Così se ne mette in forse il predominio. Sono state fatte, ed ancora oggi, guerre per frenare questa deriva, ai nostri occhi incomprensibile, di rifiuto del modello democratico e del progresso conseguente. Ma il ritiro vergognoso dall’Afghanistan è l’icona assoluta del fallimento. Ora abbiamo demandato agli ucraini il compito di contrastare l’espansionismo dell’autarchia russa, con la scusa di un sostegno al loro diritto di non soccombere. È cosa giusta, ma per la verità facciamo difendere loro anche la nostra libertà, senza che noi ci si sporchi le mani, forse li sosteniamo per questo.                                                         Sicuro sotto l’ombrello americano dalla fine della seconda guerra mondiale, l’Occidente europeo comincia a temere un disimpegno americano, inaugurato da Obama.                                                                          La Cina e il Pacifico agli occhi del presidente democratico divennero prioritari.                                                                                                                          E poi gli americani non hanno più voglia di andare in giro per il mondo ad ammazzare gente e a farsi ammazzare.                                                                           Così nella santificazione dei diritti civili irrinunciabili, si consuma il declino della civiltà europea, già cominciato con le due guerre mondiali del Novecento, che hanno visto il progressivo affermarsi del duopolio russo-americano, ora minacciato dal prepotente emergere della potenza cinese. E con la Cina gli altri paesi come l’India, il Brasile, Il Sudafrica e l’estremo Oriente con il Giappone. Uno sviluppo inarrestabile, promosso dall’Occidente ricco ed evoluto che credeva di avere trovato una mano d’opera a basso costo, una forza lavoro con cui sostituire quella sindacalizzata, evoluta, benestante di casa. Fonte questa di rivendicazioni che intaccavano i profitti degli imprenditori e dei capitalisti. Invece la mano d’opera a basso costo infoltita dalle masse migratorie, permetteva un welfare sociale con cui compensare i licenziamenti e il lavoro precario delle masse operaie e in parte della classe media. Il mercato mondo, il crollo di fine secolo della Russia, la globalizzazione, il trionfo del capitalismo erano le basi del disegno degli strateghi occidentali. Li supportava la consapevolezza del primato scientifico-tecnico delle democrazie occidentali, reso vincente dalla forza militare. Nel giro di pochi anni la strategia ha mostrato crepe preoccupanti. La Russia si è risvegliata e vuole tornare al ruolo che aveva con i soviet e ancor prima con lo zar; la Cina sta contendendo agli Stati Uniti il primato mondiale in tutti i campi; l’alleanza dei cinesi con la Russia e con gli altri paesi emergenti ha disegnato un’organizzazione del mondo alternativa a quella che ci aveva consegnato la seconda guerra mondiale. Con la scomparsa dell’Unione Sovietica e il trionfo del capitalismo si era parlato di fine della storia ma sono bastati pochi anni per mettere in crisi tutto. Forse si è persa l’occasione di cooptare la Russia che da trecento anni, da quando Pietro il Grande portò la capitale da Mosca a san Pietroburgo, tenta di diventare europea. Un’Europa dall’Atlantico agli Urali, come sognava Papa Benedetto XVI sarebbe stata la realizzazione di un’aspirazione mai morta. Il pensiero antico della classicità greco-romana sarebbe tornato attuale, cardine e ispirazione di un’assoluta potenza mondiale, alla pari o superiore agli Stati Uniti di oltre oceano, e al lontano oriente della Cina. Sarebbe occorso rivendicare la radice giudaico-cristiana d’Europa, rivedendo l’assolutezza di anno zero dell’illuminismo francese di fine secolo, che pur ha avuto infiniti meriti nello sviluppo e nel progresso dei popoli. Non è andata così, Il tempo delle religioni che sembrava tramontato per sempre, relegato a periodo oscuro di superstizione non è scomparso.  È ancora un tempo attuale in varie parti del mondo, rinvigorito da frustrazioni storiche, da supposti o reali soprusi subiti. Accade nei paesi islamici con vario grado di penetranza, dalla radicalità iraniana e jihadista, alla moderazione degli emirati.  L’islam sembra aver ripreso il vigore delle origini sedotto dall’idea di una guerra contro l’Occidente che cristiano non lo è più, ma nel nome ancora. La religione diventa bandiera di una missione imperiale tesa a ristabilire il califfato nei luoghi conquistati nel 600 dalla penisola araba, all’Europa, all’Africa, all’Asia. Parallelamente e di contro la Russia di Putin, da Mosca-terza Roma-nuova Gerusalemme invoca il cristianesimo come religione di stato e con questa cerca di contrapporsi all’Occidente scristianizzato e nel contempo contro l’islam aggressivo. Analogo processo accade in India con l’integralismo induista. La Cina pragmatica, erede della saggezza confuciana osserva sulla riva del fiume gli accadimenti che scorrono, senza intervenire manifestamente, ma per il momento alla conquista del mondo per via economico-finaziaria. Noi non abbiamo più vigore, vorremmo armarci per resistere ad un mondo che cambia, che attenta al nostro benessere, al godimento dei beni di consumo, alle mollezze di una società di diritti. Ne avremo la forza?                                                             Intorno a noi intanto lotte e conflitti sanguinosi: cristiani, islamici, ebrei, gli uni contro gli altri, persecutori e vittime a seconda delle circostanze. Gli ebrei rivendicanti una primogenitura, un rapporto speciale ed esclusivo con Dio, i cristiani che inglobata quella storia la superano proponendo una nuova e definitiva alleanza con la divinità, gli islamici, ultimi in ordine di tempo che vivono un rapporto diretto con Dio, libero dai fardelli delle storie precedenti. Oggi di nuovo in lotta dopo essersi combattuti per secoli, guerre dietro le bandiere della fede, ma anche per il predominio commerciale, l’acquisizione di territori e ricchezze. Tutto questo ha fatto la storia del nostro mondo in questi duemila anni.