Il progetto

La cultura occidentale contemporanea mutua dal modello americano una prassi del fare che, in ogni attività o lavoro o ricerca o acquisizione, risponde alla filosofia del progetto.
Conseguenza di una logica della frammentazione, e della specializzazione, estranea al
nostro percorso storico-culturale.
Infatti in Europa e specificatamente in Italia, la formazione che s’impartiva nell’epoca classica e poi medioevale, sino a quella che ha dominato la scuola per tutto il secolo scorso, privilegiava lo “studium generale”, espressione che ancora accompagna il logo di molte università.
Si formava pertanto, prima l’uomo, e poi il tecnico, il medico, l’ingegnere, e tutto il resto.
Non è più così, oggi la formazione è unidirezionale, prepara le persone a misurarsi su ambiti sempre più ristretti.
E tale atteggiamento domina ogni settore della vita: nella scuola, nel lavoro, addirittura nella preparazione all’evento terminale della morte.
Ci viene dalla cultura tecnico-scientifica dalla modernità: bisogna vivere e operare per un fine, per la realizzazione di qualcosa, per un progetto appunto.
Il successo o il fallimento di una vita si misura sulle cose realizzate, sul loro numero, meno sulla coscienza di sé.
Si amputa la totipotenza della cellula da cui originiamo, e portiamo alle estreme conseguenze il processo di differenziazione, di specializzazione organica.
Cellule nervose, muscolari, cutanee, epatiche, tutte diverse ma all’inizio tutte simili.
Il modello di vita che l’uomo segue, è in qualche modo espressione di questo processo biologico e così la nostra esistenza si parcellizza, si differenzia, si frammenta: dunque insegue progetti.
Ma la casualità che è espressione e conseguenza della variabilità degli accadimenti, si oppone a tutto questo, nonostante tutti i nostri sforzi per combattere l’inevitabile destino all’entropia, al disordine, al caos.
Virtù di Prometeo e di Icaro, degli eroi che si opposero agli Dei nel tentativo folle di diventare Dei loro stessi.
Uno sforzo titanico che è entrato nelle coscienze del mondo occidentale.
Anche la morte va sconfitta, la medicina serve a questo e deve garantire il risultato.
Alla fine se bisognerà morire si sceglierà come e quando.
La gente segue, senza capire, questi processi, fa la sua parte comunque in questa direzione.
Gli intellettuali dirigono il concerto verso una mutazione antropologica senza precedenti.
Una strada dai contorni indefiniti dinanzi alla quale si aprono scenari di progresso o abissi infernali.

Ma, come in un sogno o in un incubo, le cellule sempre più spesso tornano con irresistibile attrazione alla condizione indifferenziata della loro prima età, e il processo non è bucolico, genera mostri.
Come il cancro che continua a falciare l’umanità nonostante i proclami ufficiali.
Vasti settori giovanili si lasciano andare e rincorrono la morte tra droghe e vite dissolute, semplicemente, come di naufrago stanco nella tempesta.

Però qualcosa nel profondo dell’anima si oppone a tutto questo.
Una nuova ricerca dell’assoluto scalda i cuori, si chiede aiuto a Dio che è il solo che possa rimettere a posto l’entropia degli uomini e dell’universo.
Tornano in mente i grandi mistici: quel lasciarsi vivere senza progetti nella contemplazione dell’assoluto, vaganti sereni nel mistero che ci avvolge.