Evoluzione dell’encefalo e comportamento ( i fenomeni del territorialismo animale ed umano )
Premessa
Questo lavoro trae origine da ipotesi di autori come H. Laborit, che hanno proposto di dare un più preciso valore, nella interpretazione del comportamento umano, alle strutture nervose che lo sottendono, in particolare tenendo conto del piano evolutivo che ne è alla base. Una comprensione dei fenomeni in studio è aiutata dai dati etologici che esemplificano il rapporto animale-uomo prima di quello uomo-ambiente. Nell’articolare un’analisi comparativa riteniamo opportuno esaminare preventivamente i dati etologici che esemplificano , unitamente a quelli di laboratorio, il rapporto animale-ambiente. Il lavoro esamina i rapporti tra struttura e comportamento, prendendo in considerazione le strutture fondamentali senza soffermarsi a riferire che i dati essenziali, perché le caratteristiche di questo tipo di esposizione non consentono di esaminare le risposte a particolari tipi di esame sperimentale (demolizioni, stimolazioni, e altro). Considera gli aspetti evolutivi di questi rapporti traendo da considerazioni etologiche e psico-biologiche prospettive d’interpretazione del rapporto “ struttura vivente-comportamento” nell’evoluzione di ambedue i “termini”. Si prende poi in esame il fattore territorio perché elemento nel quale si realizza, con una costante relazione d’interdipendenza, lo scambio struttura vivente-mezzo circostante, animale-territorio e le definizioni di territorialismo riproposte come il contributo dell’etologia oggi ce la definisce. A tal proposito si prendono in considerazione i rapporti tra territorialismo animale e ambiente, e quindi tra territorialismo umano e ambiente che l’uomo si è creato per viverci. Si considera a questo punto l’ipotesi formulate sul significato che le antiche strutture cerebrali esercitano nel determinare il comportamento dell’uomo nel proprio territorio: la città. Questa è una delle espressioni organizzative possibili per la conservazione della propria integrità psico-fisica, ma tende sempre più a divenire una struttura condizionante la vita e l’esistenza umana. Ecco perché in definitiva nel rapporto con il territorio l’uomo esprime molto di più del proprio “destino” di quanto siamo abituati a pensare
TABELLA I meccanismi neurologici del comportamento
· Processi sensoriali elementari che caratterizzano l’inizio di uno schema di comportamento
· Mantenimento della vigilanza, sonno e risveglio
· Risposte emozionali e regolamentazione affettiva del comportamento
· Comparsa infine di meccanismi associativi che stanno a fondamento dei processi di integrazione più complessi che regolano i comportamenti adattativi. |
Nella comprensione dei fenomeni comportamentali, determinante è il rapporto “struttura vivente-ambiente”, ma particolare attenzione bisogna porre al primo attore di questo rapporto. Esso, infatti, nella variabilità dei comportamenti rivela sempre un substrato anatomico- fisiologico-evolutivo che permette la comprensione dei fenomeni stessi. Questi aspetti si prestano a una chiarificazione e ulteriore approfondimento basati su metodiche psicologiche, fenomenologiche, neurofisiologiche. E’ opportuno non assegnare priorità a nessuno di queste metodiche essendo soltanto la loro integrazione a permettere una migliore comprensione del fenomeno. Tuttavia è verosimile che un’analisi per così dire “storica” delle tappe attraverso cui si è svolto lo studio del comportamento delle strutture viventi, rilevi un inizio basato sull’osservazione fenomenologica su cui si sono fondate considerazioni psicologiche. Oggi è più convincente un’ipotesi di spiegazione di ordini psico-biologico. Nella tabella sono riassunti i momenti della catena psico-neurologica che caratterizzano il comportamento. Pieron ha riassunto questa esigenza di “collegare” i fenomeni che vengono apprezzati nei due campi di ricerca neurofisiologica e psicologica fornendo un criterio di analisi che si rifà sostanzialmente alle tesi strutturali evolutive. In questo schema sono comprese tutte le attività del sistema nervoso, dalle più elementari alle più complesse, cioè a dire qualunque sistema “stimolo-struttura vivente- risposta” oppure “ambiente-struttura vivente” può essere studiato in modo organico soltanto utilizzando ambedue le metodiche. Riservandosi comunque ora l’esame degli aspetti generali in senso assoluto, non essendo ovviamente ipotizzabile l’analisi in questa sede della messe di dati sperimentali che in ogni caso rappresentano aspetti particolari di un piano di ricerca del tipo demolizioni, stimolazioni etc., pare opportuno cominciare a ricordare l’ipotesi sperimentale di Magoun delle diverse forme di comportamento secondo le influenze riassunte nella tabella successiva, che illustra l’influenza cruciale della sostanza reticolare
TABELLA II CONNESSIONI RETICOLARI
· Reticolo-spinali
· Reticolo-ipotalamiche
· Reticolo-talamiche
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E’del tutto evidente l’importanza che Mougon attribuisce alla sostanza reticolare in tema di comportamento in conformità a studi neurofisiologici che hanno permesso di rilevare in essa un’attività elettrica costante che si articola:
- Attività di tipo rapido dovuta a variazioni per così dire “interne” ad opera di neuro-mediatori
- Attività di tipo lento che implica una stimolazione, dunque un piano di risposta così detto “motivazionale”.
Il punto b richiede un’altra chiarificazione che può essere solo parzialmente desunta dalla pur notevole messe di ricerche che sono state fatte sulla funzione della sostanza reticolare. Come sappiamo questa è distinta in due parti: una porzione caudale nel tratto inferiore del troco encefalico e sede di attività tonica generale e una porzione cefalica a livello del talamo e sede di attività più specializzata. Accanto a questa divisione di tipo anatomico potremmo dire, ne esiste un’altra di tipo dinamico che differenzia la sostanza reticolare in un “sistema ascendente attivatore” e in uno discendente facilitatore”. Queste poche nozioni sulle caratteristiche della sostanza reticolare ci permettono di utilizzarle per formulare il seguente algoritmo:
TABELLA III
DRIVE ( stimolo )
ENERGIC EFFECT ( struttura vivente in stato di veglia ) = Sostanza reticolare (prepercettivo o in attenzione) = Ipotalamo
CUE EFFECT I ( struttura vivente in attività orientata, = Talamo non più recettivo ad altri stimoli)
CUE EFFECT II ( risposta ) = Corteccia e meccanismi efferenti
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Lo stimolo suscita un’attività aspecifica reticolare che comporta uno stato di veglia della struttura vivente (stato prepercettivo) al quale corrisponde e fa seguito l’attività orientata verso una risposta specifica. Secondo Paillard lo stato di veglia è una modificazione della struttura vivente operato dalla sostanza reticolare che crea dunque il drive per la messa in funzione dei meccanismi di riequilibrio. Questa operazione è controllata dalla sostanza reticolare discendente: all’energia indistinta iniziale ( drive) fa seguito l’energia direzionale (cue). E’ già stato detto che allo stato di eccitazione aspecifica della sostanza reticolare corrisponde un’attività direzionale di altri distretti : dunque diventa interessante individuare la topografia di questi distretti in rapporto ai diversi comportamenti osservati e indotti. Il superamento del mero meccanismo “stimolo-struttura vivente- risposta” è realizzato nella misura in cui si è posta l’attenzione sulla struttura vivente come elaboratore di stimolo, o meglio come protagonista della sua autorealizzazione, intesa come sviluppo e comunque tendenza ad una costante adeguamento alle condizioni, anch’esse mutevoli, degli ambienti interno ed esterno. E’ a questa svolta del problema che si è imposta in neuropsicologia la necessità dello studio della motivazione , termine nel cui significato è attualmente compreso sia lo stato di eccitazione in cui si trova la struttura vivente modificata dalla pulsione sia lo stesso meccanismo che regola “l’effezione” di struttura vivente, agendo come motivo esterno e motivo interno. Le pulsioni vengono globalmente distinte in primarie come “fame, sete, sesso, paura” e secondarie o apprese. Le più recenti sperimentazioni in neuropsicologia hanno permesso di realizzare sperimentalmente queste pulsioni stimolando alcuni distretti dell’encefalo: l’instaurarsi della pulsione costituisce il drive per tutta la serie di operazioni effettrici di “struttura vivente”, cioè dava il “via” al comportamento motivato. Per quanto concerne i comportamenti appresi più complessi si pone qui il problema di non addentrarci nel campo strettamente psicologico, coinvolgenti l’emotività, la volontà, il desiderio, l’intenzionalità,e la memoria. Doveroso comunque è il cenno al circuito limbico di Papez che, nato come circuito istintivo-emotivo, è stato poi più correttamente definito nei suoi legami con l’attività mnesica e il colorito affettivo delle esperienze, coinvolgendo proprio le aree che regolano questo aspetto del comportamento: ippocampo, corpi mammillari, talamo, gyrus cinguli. Ogni aspetto del comportamento più complesso comporta meccanismi di integrazione e correlazione che coinvolgono le aree corticali, in una attività che è stata definita come “ azione di integrazione e associazione corticale”. E’in questi termini che attualmente si inquadra il superamento delle teorie che vedono nella sostanza reticolare il primum movens di ogni modificazione di “struttura vivente”. Cioè in sostanza il “passaggio”all’impiego delle strutture encefaliche “superiori”. L’analisi del comportamento nei confronti degli stimoli circostanti quando le strutture viventi si fanno più articolate tende a divenire progressivamente sempre più l’analisi del rapporto animale-ambiente . Se è certo che le premesse strutturali e psicobiologiche costituiscono il primo passo per una interpretazione del comportamento, non si può ipotizzare una prosecuzione sul piano speculativo senza l’impiego di una metodologia etologica. Infatti il rapporto tra l’animale e l’ambiente fornisce proprio nell’esame delle varie specie animali un prezioso materiale che esemplifica l’ipotesi evolutiva anche ai nostri giorni, permettendo di capire i “meccanismi” che ai diversi livelli evolutivi sottendono le “possibilità” di risposte di comportamento. Dopo aver preso in considerazione le strutture neurologiche che stanno alla base del comportamento in una ipotesi e strutturazione quale i dati della neurofisiologia e della psicobiologia oggi ci forniscono passiamo a delineare una ipotesi di evoluzione del cervello umano che ci permetterà poi di comprendere, anche sui dati che ci fornisce lo studio del comportamento animale nel territorio, le più reali motivazioni del comportamento umano nell’ambito del proprio territorio, la città. Questo stesso comportamento che è l’oggetto di discussione principale del lavoro sarà poi visto nell’ambito di una ipotesi che lo considera nel suo divenire storico, attraverso varie tappe evolutive sino ai nostri giorni e studierà nella città , espressione del territorio umano, l’estrinsecazione di quelle motivazioni e impulsi fondamentali che in altre epoche storiche avevano altre realizzazioni.
Evoluzione dell’encefalo
Con H. Laborit possiamo affermare che l’anatomia comparata ci permette di delineare un quadro abbastanza chiaro dell’evoluzione del sistema nervoso centrale. In base a questa potremmo affermare la persistenza, ancora oggi, di vecchie strutture encefaliche che corrispondono a formazioni comuni a tutti i vertebrati. Esse sono rappresentate dalla formazione reticolare mesencefalica , dall’ipotalamo, e dalle formazioni della base del cervello. Questo cervello primitivo permette dei comportamenti stereotipati , programmati da apprendimenti ancestrali . Domina certi comportamenti primitivi , come la delimitazione del territorio , la caccia, l’accoppiamento , l’apprendimento stereotipato della discendenza, il fatto che vengano stabilite delle gerarchie sociali , la selezione dei capi, la fuga, la lotta, la fame e la sete. E’ illustrato ( Mc Lean 1964 ) dal comportamento delle tartarughe che ritornano sempre allo stesso posto ogni anno per deporvi le uova. E’sempre uno strumento inadatto all’apprendimento di un comportamento differente di fronte ad una situazione che sia nuova e inopinata. Certi riti e cerimonie , certe leggi (ordalia) , opinioni morali, e sociali, pregiudizi, forme di comportamento che caratterizzano varie epoche storiche, possono tutte essere spiegate sull’azione che tale parte del cervello esplica ancora, pur in una struttura nervosa che si è organizzata in nuove strutture . Da cui consegue l’utilità della conoscenza di tali strutture, nella spiegazione di molti comportamenti. Il non considerare questa cosa o peggio il tentativo di rimuovere pulsioni che derivano da queste strutture primitive, portano a disordini neurotici. Al contrario la soddisfazione di tali pulsioni , fenomeno incoraggiato in talune strutture sociali , costituisce fattore di estrinsecazione che si contrappone al manifestarsi di tali disordini. La seconda tappa della evoluzione ha ricoperto tale parte del cervello di una calotta corticale, formazione che si identifica con il lobo limbico di Broca, il quale possiede delle connessioni con le formazioni olfattive da cui si credette per lungo tempo che la sua funzione fosse in relazione all’olfatto da cui il termine di rinencefalo. Papez nel 37 dimostrò inequivocabilmente che le sue funzioni erano più complesse e si estrinsecavano in manifestazioni emozionali, endocrine, e viscero-somatiche. Mac Lean nel 52 suggerì il termine di sistema limbico e si vide che esso continua a funzionare nell’uomo ad un livello istintivo e le sue connessioni strette con l’ipotalamo mostrano che è obbligato a giocare un ruolo essenziale nelle espressioni emotive quali la paura ,la collera, l’amore, la gioia, sentimenti caratterizzati tanto dalle situazioni individuali , quanto di gruppo. Esso comprende un circuito che collega varie formazioni : formazione reticolare del tronco encefalico, l’amigdala, l’ippocampo, l’ipotalamo. Ma accanto a questa funzione, il sistema limbico possiede anche un ruolo importante nella fissazione delle tracce mnemoniche. Si sa che accanto a una memoria a breve termine sensibile all’elettroshock e che mette in funzione circuiti riverberanti , esiste una memoria a lungo termine sensibile agli inibitori della sintesi proteica , quali l’actinomicina D. Il sistema limbico sarebbe la sede della memoria a lungo termine consentendo la engrammazione nervosa delle esperienze ,grazie alle sintesi di nuove molecole proteiche. Il terzo cervello quello più propriamente umano, è il neoencefalo , avviluppante gli altri due sotto la forma della corteccia degli emisferi cerebrali. Questa formazione encefalica , maturata in qualche grado soltanto nei mammiferi più evoluti, è nell’uomo particolarmente sviluppata nella zona orbito-frontale. Zona associativa che permette la comparsa di attività nervose variate , di soluzioni comportamentali sempre meno stereotipate, essa costituisce la base funzionale dell’immaginazione , creatrice di nuove strutture funzionali, di attività nervose più complesse, meno direttamente dipendenti dall’ambiente. E vediamo ora il funzionamento combinato di queste varie strutture . Quando una variazione energetica dell’ambiente si produce, attraverso le vie sensoriali i sistemi neurali interiorizzano il fenomeno e questo vale per tutti e tre i cervelli. Quello che caratterizza le strutture più evolute è la possibilità di far variare all’infinito queste relazioni interneurali incorporate e mescolarle in modo che relazioni in qualche modo determinate dall’ambiente , appaiano tra le attività presenti nel sistema nervoso , da cui un comportamento originale , una previsione delle relazioni possibili di un ambiente che va mutando, addirittura un’anticipazione di tali variazioni. Il neoencefalo quindi sulla base dei dati e delle acquisizioni del paleoencefalo tenta di programmare, di anticipare il futuro e realizzare nel presente le acquisizioni delle sue facoltà immaginative. Quindi i comportamenti cui il sistema limbico e il cervello dei rettili danno luogo sono abbastanza semplici e stereotipati e se hanno favorito le difese di certe specie in un ambiente non troppo mutevole, non hanno permesso una conoscenza , una previsione e un’azione che potesse mutare certe altre condizioni ambientali. Noi prendiamo coscienza del loro funzionamento inconscio solo attraverso i fenomeni vegetativi che l’accompagnano ( vasocostrizione, tachicardia, vasodilatazione, traspirazione, piacere, risoluzione del tono muscolare, ecc..) Ma anche quando siamo consapevoli di questi fenomeni , noi rimaniamo estranei al loro significato filogenetico, alla finalità ancestrale che li guida. In effetti se queste cose esprimono uno stato di attività di certi neuroni, questo si situa a un livello troppo primitivo per esprimersi con un linguaggio logico, matematico del tipo di quello che utilizziamo nello scambio di informazioni. Nel nostro linguaggio, noi abbiamo rappresentato la struttura della neocortex, delle sue organizzazioni e relazioni con l’ambiente, sino ad arrivare ad interpretare e giustificare le nostre pulsioni primitive. Sono chiare a questo punto le deduzioni evolutive che si possono porre da una ipotesi così formulata e anticipando un pensiero che poi sarà più estesamente espresso è la possibilità che il neoencefalo possa sempre più sviluppare la sua attività sulle strutture inferiori a permetterci di prevedere una evoluzione delle strutture nervose e quindi comportamentali dell’uomo nel senso di una maggiore autorealizzazione , nel senso di una maggiore libertà. Tutto questo chiarendo, motivando, le pulsioni comportamentali delle strutture inferiori in un processo di autorealizzazione che è comprensione e non inibizioni delle stesse.
FIGURA 1 STRUTTURA DELL’ENCEFALO
Dati etologici essenziali per una definizione del territorio , secondo criteri comportamentali
Attraverso lo studio del comportamento animale nel territorio, tentiamo dunque di verificare nella realtà quelle ipotesi strutturali prima espresse , sarà poi l’esame del comportamento umano ad ampliare il discorso verso una ipotesi evolutiva motivata da tali acquisizioni. L’ipotesi del territorio, dell’area familiare, e dell’area di esplorazione, rappresentano il superamento di una definizione di Noble che per territorio intendeva solamente ogni area di territorio difesa. (Noble , 1939). Va ricordato che essendo la conquista e la difesa del territorio, per gli animali, condizione essenziale per la riproduzione, bisogna considerare il comportamento territoriale come uno dei fattori della selezione sessuale. Preferenze sessuali, stato sociale, e territorialismo sono dunque tre componenti che determinano fenomeni di accoppiamento non casuale, i cui effetti evolutivi sono notevoli. Non tutta l’area occupata dall’animale è territorio; tra l’uno e l’altro territorio si trova infatti un’area non difesa ma frequentata da individui di territori vicini che è l’area familiare.
FIGURA 2 TERRITORI
Nello schema gli spazi indicati con T sono i territori che coincidono con le aree familiari A, queste possono sovrapporsi non essendo difese “spazi neri”. Le aree di esplorazione per gli animali sono le aree familiari limitrofe al loro territorio. Secondo le definizioni di Blair l’area familiare è quella in cui l’individuo svolge le sue attività giornaliere , mentre si chiama area di esplorazione l’area non familiare che è oggetto dei movimenti sporadici degli animali. Quanto al comportamento va ricordato che esso è diverso nel territorio , nell’area familiare , e nell’area di esplorazione, nel senso che l’aggressività decresce passando dalla prima alla terza area. Si possono adottare vari criteri per la classificazione del territorio seguendo i dati di Mayer, Nice, Armtrong, e Hinde distinguiamo i territori diversificati in relazione alle diverse esigenze
TABELLA 4 FINALITA’ DEI TERRITORI
a) Territori con finalità riproduttive
- territori con area di accoppiamento, nidificazione, raccolta del cibo
- territori con area di accoppiamento e nidificazione
- territorio con la sola area di accoppiamento
- territorio limitato al nido
b) Territori con finalità autoprotettive
- territorio di svernamento
- territorio di pascolo
- territorio di pernottamento
- territorio di raduno premigratorio
Vediamo ora come viene stabilito e difeso un territorio. In alcuni casi un animale può occupare un’area senza bisogno di combattere se l’area era deserta , ma di solito gli individui devono combattere per conquistarla e poi per difenderla. Talora il territorio ha inizialmente grandi dimensioni riducendosi poi progressivamente per la spartizione con altri individui. Se due contendenti per il territorio arrivano contemporaneamente, avranno le stesse probabilità di uscire vincitori della lotta; maggiori saranno invece per quello che sarà arrivato per primo. L’individuo sconfitto dovrà uscire dal territorio e cercarne un altro; ciò gli sarà difficile perché le esperienze negative fanno diminuire l’aggressività.
Figura 1: Due topi del genere Dyodomys .
L’animale a destra assume un atteggiamento aggressivo nei confronti di quello di sinistra in atteggiamento sottomesso. Alla fine se non sarà riuscito, sarà escluso dalla riproduzione. In certe specie l’animale non è escluso dal territorio ma il suo apporto riproduttivo è nullo; in queste specie le gonadi nel periodo riproduttivo non matureranno. In molte specie i maschi occupano il territorio e poi iniziano la parata, le femmine passano da un territorio all’altro e si fermano in quello più attraente per le sue caratteristiche o quelle del maschio. E’ chiaro che già nella conquista del territorio inizia una prima parte della selezione sessuale. La difesa del territorio è attuata da uno o più membri. Nel caso di coppie il maschio difende dall’ingresso di altri maschi, le femmine da quello di femmine. In altri casi solo il maschio difende il territorio ; oppure la femmina ha da difendere un territorio più piccolo nell’ambito del più grande difeso dal maschio ( rattus norvegicus ). Nei territori di gruppo sono gli individui di più alto stato sociale a difendere il territorio. Da un punto di vista genetico importante è la funzione dell’area familiare e di quella di esplorazione per gli scambi riproduttivi tra individui di territori diversi; questo perché l’aggressività va diminuendo passando dal territorio sino all’area di esplorazione. L’isolamento riproduttivo, pertanto, che sarebbe una conseguenza del territorialismo viene risolto attraverso l’incontro in queste zone che potremmo definire “neutre”. Come vengono contrassegnati i confini territoriali? In molti casi si ha l’impressione che i medesimi segnali che fungono da attraenti per l’altro sesso , siano deterrenti per il medesimo sesso che li emette; così è per molti uccelli canori che cantano dal loro territorio per annunciarne il possesso. Il canto attrarrà le femmine e nello stesso tempo terrà lontani i maschi. Jayakar e Spurway hanno illustrato i meccanismi di segnalazione in due specie indiane di pavoncelle ( vannellus ). Questi uccelli utilizzano segnali visivi. La presenza in prossimità del loro territorio di un estraneo della stessa specie fa scattare due tipi di comportamento , detto dagli etologi ritualizzato, consistente nell’esplicare in forma semplificata e priva del fine originale due forme di comportamento normale. Infatti i segnali che servono per contrassegnare il territorio e scoraggiare gli estranei consistono in una simulazione di un uccello che sta beccando il succo per nutrirsi e di uno che sta raccogliendo sterpi per costruire il nido. Nella figura si vede un coniglio che marca con il secreto delle ghiandole salivari un ramo del suo territorio.
FIGURA 2 Marcatura del territorio
Ma durante questi comportamenti stereotipati che servono solo a segnalare l’esistenza di un territorio , l’uccello in realtà non si ciba né raccoglie sterpi . Queste due funzioni però alludono chiaramente al significato trofico e riproduttivo del territorio e servono a dissuadere gli estranei. In molti mammiferi sono usati anche segnali chimici per delimitare il territorio . Così i camosci , i castori, depongono delle sostanze odorose secrete da particolari ghiandole per delimitare il territorio. Il territorio individuale è forse la più limitata area difesa, la si trova nei territori premigratori delle rondini. Altri animali che vivono in gruppo possiedono un territorio individuale; tipico è il caso di alcuni uccelli ( Fasianidi, uccelli del paradiso e altri). In questa specie i maschi si uniscono in gruppi ciascuno in un piccolo territorio individuale, essi si mettono in posa e fingono di combattersi; questo spettacolo è uno stimolante sessuale e si intensifica quando arriva una femmina. Ma è poi la femmina che si sceglie il compagno e dopo l’accompagnamento si separano. L’insieme dei territori individuali viene chiamato “area”, i piccoli territori che compongono l’area “ corti”. Un caso interessante derivato ,secondo Giliard, dall’evoluzione dei territori di tipo “area” è quello degli uccelli giardinieri . Il maschio libera sul terreno uno spazio togliendo a una a una le erbe e infine raccoglie oggetti colorati che dispone con gusto in quello spazio. Al centro dell’area l’uccello fabbrica con dei rametti una costruzione a forma di capanna. Quando poi è la stagione degli accoppiamenti compiono complesse parate al centro del loro giardino finchè le femmine non li scelgono. Come si è detto il Giliard ritiene questi “ territori-giardino “ forme derivate dalle corti che compongono l’area. Egli osserva che anche gli uccelli che formano le aree hanno l’abitudine di togliere erbe dall’area con lo scopo di difendersi da eventuali predatori mimetizzati in mezzo ad esse. Una osservazione interessante di Giliard riguarda il fatto che in alcuni uccelli giardinieri dove il maschio non possiede colori brillanti e altri ornamenti questi all’apparire della femmina inizia la parata raccogliendo nel bosco qualche oggetto colorato e facendo poi movimenti ritmici del capo. Sono gli stessi movimenti che maschi di specie affini , che possiedono un ciuffo in testa, fanno per mostrarlo alla femmina. Secondo Giliard i ciuffi e le creste furono persi perché costituivano un pericolo, in quanto segnali vistosi per i predatori, ma il movimento associato con questi caratteri è rimasto e ad esso viene dato il nome di movimento relitto . Si tratterebbe della sostituzione quindi di caratteri attraenti dell’animale con oggetti. La femmina del coniglio selvatico europeo ( Oryctolagus cuniculus ) difende un territorio individuale intorno alla tana e ne inibisce l’ingresso al maschio . Il maschio le gira intorno con passo marziale , alla fine di questa parata dirige un getto di urina contro la femmina, da cui deriva l’accettazione momentanea del maschio e l’ovulazione. Interessante è anche il comportamento di certi pesci come lo spinarello ( Gasterosteus aculeatus ) in cui il maschio costruisce un nido e alleva da solo la prole: cioè in primavera il maschio costruisce il nido a forma di tunnel aperto da un solo lato , vi spinge dentro la femmina la quale depone alcune uova che il maschio subito feconda. Il maschio poi spinge la femmina fuori dal nido. Quindi il maschio dà inizio a un periodo di cure parentali , staziona dinanzi al nido , cambia continuamente l’acqua e scaccia ogni animale che si avvicina.
TERRITORIO DI COPPIA
Il Melospiza Melodia studiato da Nice è un uccello canoro e rappresenta una situazione esemplare tra le specie monogame. In primavera i maschi si stabiliscono in una determinata area da dove cantano persistentemente con lo scopo di annunciare l’esistenza di un territorio, di tener lontani quindi altri maschi, di richiamare la femmina. Se un altro maschio si avvicina il proprietario assume un atteggiamento aggressivo che può essere sufficiente a fare allontanare l’intruso, altrimenti si inizia un combattimento rituale al termine del quale uno dei due è sconfitto. Se il perdente è l’intruso se ne va, altrimenti c’è la suddivisione del territorio in due nuovi. L’essersi procurato il territorio sarà essenziale per il maschio per riprodursi. C’è da osservare che quanto più piccolo è il territorio tanto maggiore l’accanimento con cui sarà difeso. Il passaggio da un territorio individuale a uno di coppia , a uno di gruppo è graduale e dipende dall’aggressività. Con una diminuzione di questa si nota l’accettazione di individui di sesso diverso e giovani immaturi: si ha cioè il territorio di coppia e quindi di gruppo. Nei roditori si trovano tutti gli esempi di questo passaggio: dai criceti massimamente asociali ai ratti che presentano la forma più sociale di territori di gruppo.
Territorio di gruppo
I territori di gruppo possono essere distinti in poligami e sociali. Nei primi l’aggressività è tale da impedire la coesistenza di più individui del sesso aggressivo, nei secondi si instaura una gerarchia di maschi e di femmine. In alcune specie si rinvengono forme monogame e poligame con corrispondenti territori di coppia e di gruppo. Così nel silvide americano ( Talmatodytes palustris ) i maschi stabiliscono un territorio con le modalità viste per la Melospiza melodia e le femmine poi scelgono i maschi e il territorio , o meglio secondo Verner i territori e quindi il maschio. Infatti sono comuni i casi di bigamia pur con scapoli possessori di territorio che si è visto essere di qualità inferiore rispetto agli altri. Nei territori di gruppo grande importanza hanno le gerarchie, frequentemente si assiste al fenomeno della castrazione psicologica per cui gli animali sottomessi sono allontanati dalla fecondazione. I maschi Rhesus ( macaca mulatta ) presentano territorialismo di gruppo con una gerarchia di numerosi maschi e femmine, adulti e giovani. In questa specie si vede una suddivisione di aree per le varie occupazioni della giornata. Il gruppo compie spostamenti dall’una all’altra con regolarità di orari: in linea di massima i gruppi sottomessi si adattano agli orari dei predominanti; se per caso si verifica un incontro tra gruppi diversi il sottomesso abbandona l’area , se qualche volta raramente inizia una lotta il gruppo sottomesso tenta di difendersi e poi scappa. Nei maschi il giovane assume lo stato sociale della madre , esso viene protetto da lei nei rapporti con gli adulti che le sono subordinati, mentre il giovane ovviamente è sottomesso agli individui cui la madre è subordinata. Si vede quindi che lo stato sociale non viene ereditato per via genetica , seppure fattori genetici possano avere contribuito nell’acquisizione e nel mantenimento di quello stato sociale. E così anche questi fattori genetici passati al figlio gli potranno permettere di mantenere o conquistare un più alto livello sociale. In queste scimmie si è visto che la progenie deriva dai maschi di più alto rango sociale, per un fenomeno di castrazione psicologica e perché le femmine accettano di essere montate da maschi di più alto rango.
Esperimenti sul territorialismo e difesa dei confini territoriali nel topo:
1. Meccanismi di difesa dei confini territoriali
Con l’impiego di una scatola di plastica divisa internamente in vani e corridoi e con l’introduzione in essa di un certo numero di femmine e maschi se ne studiava il comportamento. I risultati furono questi: le femmine di più alto stato sociale difendevano il territorio da altre femmine e da giovani di ambo i sessi, il maschio da altri maschi. Dei quindici animali giovani estraneei immessi nel territorio tredici furono uccisi , gli altri due furono accettati, forse perché entrati durante il sonno degli occupati, ne avevano assorbito l’odore e questo non li aveva fatti giudicare estranei. In un altro esperimento se veniva messo un maschio adulto, questi era aggredito ferocemente e confinato in un vano del del nido isolato dagli altri. Un secondo maschio adulto immesso riuscì a divenire predominante . Queste esperienze ci hanno mostrato un sistema di difesa per cui nessun estraneo può varcare i confini di un territorio, e che animali di alto rango sociale sono implicati nella difesa. Si è cercato poi di vedere quale segnale determinasse l’attacco da parte del difensore. Con una serie di indagini si è arrivati alla conclusione che è l’odore dell’urina di maschio adulto a scatenare l’aggressività nel maschio, e nel contempo a bloccarla nella femmina. Considerando poi la progenie nata dagli individui di questi territori si è visto che solo il maschio dominante ingravida le femmine e con maggior frequenza quelle di più alto stato sociale. In un territorio chiuso quindi la predominanza sociale abolisce la possibilità di espressione delle preferenze sessuali della femmina.
2. Scambio di individui e scambio genico tra due territori adiacenti
I risultati degli esperimenti confermano una forte tendenza da parte di numerosi individui a penetrare nei territori altrui. Ciò scatena i meccanismi di difesa sopra esposti, questo soprattutto nel primo giorno. Nei giorni successivi la situazione complessiva si presentava più calma. All’improvviso senza segni premonitori le difese sono scomparse e i topi si sono mescolati liberamente. Durante il periodo in cui i territori furono uniti, una parte delle femmine fu fecondata. La progenie derivò in parte dal maschio predominante dell’opposto territorio. Quindi nonostante le difese delle barriere territoriali la tendenza alla eterogamia ha permesso la fecondazione da parte di maschi estranei con risultati tali da cui si può concludere che le femmine non si accoppiano liberamente secondo le loro preferenze.
3. Incontro di individui in territori diversi in un’area ignota di esplorazione
Aprendo i ponti che immettono nell’area diesplorazione i topi vengono subito a contatto per la grande tendenza all’esplorazione che essi hanno. Incontrandosi o si ignorano o si fiutano e poi si lasciano, ma senza combattere. Proseguendo alcuni raggiungono l’opposto territorio e qui se incontrano topi che non hanno incontrato prima nell’area di esplorazione scatta la difesa di cui si è detto . Ma questo più raramente di quanto si è visto nelle precedenti esperienze perché parte degli animali non è nel territorio e perché gli invasori hanno in parte l’odore degli altri. Così si è attuato il mescolamento in sole ventiquattro ore. Sono poi iniziate le lotte per lo stabilirsi delle nuove gerarchie. Secondo le regole del territorio chiuso tutte le femmine erano ingravidate dal maschio predominante senza poter mostrare le proprie preferenze.
4. Conclusione delle tre serie di esperimenti
Gli animali non erano completamente selvatici, i territori e in generale l’ambiente erano stabilito dallo sperimentatore, quindi il tutto è riportabile alle condizioni naturali solo con le dovute precauzioni. Comunque la conclusione è che gli animali vivono in gruppi di adulti e giovani di ambo i sessi su un territorio difeso dall’attacco degli estranei. Nella gerarchia dei maschi c’è una quasi assoluta tirannia dell’animale dominante, il che si ripercuote sull’attività riproduttiva, suo è anche il compito della difesa dall’ingresso di altri maschi adulti. Nella gerarchia delle femmine si può distinguere un gruppo di dominanti più aggressive e un gruppo di sottomesse, alle prime compete la difesa del territorio dalle altre femmine e dai giovani. Hanno anche dei privilegi riproduttivi essendo preferenzialmente fecondate in condizioni di sovraffollamento , e avendo maggiori probabilità , in quanto più portate all’esplorazione, di essere fecondate da un maschio di alto gruppo. Nonostante questa difesa del territorio, è possibile l’interscambio attraverso l’area di esplorazione e l’accettazione di alcuni individui. L’attività esplorativa attenua l’aggressività e facilita gli scambi.
Effetti del territorialismo
La selezione sessuale agisce attraverso il territorialismo, annullando le possibilità riproduttive degli individui a più bassa aggressività, cioè incapaci a procurarsi il territorio o di ottenere un alto stato sociale in un territorio di gruppo. Cioè sarebbero avvantaggiati gli animali più aggressivi. Ma così non è, perché si è visto che l’aggressività si riflette negativamente nei rapporti con l’altro sesso, nell’esplicarsi delle cure parentali, e nell’esporli ai pericoli che derivano dall’incontro con individui della stessa specie e di specie diversa. Altro fatto importante del territorialismo è di proporzionare la quota della popolazione che si riproduce, alle risorse dell’area abitabile, assicurando quindi all’animale il nutrimento. Separando poi gli animali in aree distinte limita al periodo peri-riproduttivo il combattimento e gli stress, aumenta anche la protezione dai predatori assicurando una migliore difesa. Un effetto genetico del territorialismo è di determinare un aumento dell’accoppiamento tra parenti portando ad un isolamento riproduttivo tra i gruppi. Esistono però dei meccanismi etologici che permettono lo scambio genetico tra territori.
Evoluzione del “ comportamento nei riguardi del territorio in rapporto alla evoluzione strutturale del cervello dell’uomo” l’ultimo assetto territoriale dell’uomo: la città.
L’uomo, fin dall’inizio preoccupato essenzialmente della sua sopravvivenza immediata, nel paleolitico si assicurava questo mediante la caccia , la pesca e le sue industrie erano la costruzione delle armi. Non c’era conservazione degli alimenti e la sua nutrizione era immediata. Gli uomini vivevano su territori molto vasti e questo evitava la competizione. Se si ammette l’inizio della storia umana un milione di anni fa, l’uomo è vissuto per 990.000 con questa costante preoccupazione del cibo immediato. Ogni individuo era in questo senso padrone del proprio destino e doveva conoscere i mezzi per soddisfare questi bisogni. Possedeva armi, ma così primitive che non costituivano una possibilità di proprietà. I rapporti con gli altri uomini dell’orda erano caratterizzati da una intesa tacita contro l’ambiente ostile. Nutrirsi era esigenza talmente impellente, che è verosimile non permettesse loro di organizzare tipi di vita e strutture sociali che li ponessero in conflitto con altri gruppi. L’uomo era raro, lo spazio era largo. Data la disponibilità di territorio, l’evitamento naturale permetteva di risolvere i conflitti ; questo modo di comportamento esiste ancora in popoli primitivi e alcune specie animali. In rapporto all’ambiente che gli procura il cibo, il gruppo sociale primitivo costituisce un raggruppamento di individui con le stesse funzioni, uniti per legami genetici in famiglie, tribù, etc., a lottare per la loro esistenza immediata. Il sistema nervoso dell’uomo nel paleolitico è quindi adatto alla sua sopravvivenza. L’ipotalamo istintivo gli fornisce le sue motivazioni fondamentali ( fame, sete, aggressività, per la ricerca del cibo e la difesa dalle bestie feroci, accoppiamento, la protezione dei piccoli.) Il sistema limbico memorizza le esperienze passate permettendogli un apprendimento. Egli colora le sue pulsioni di un’affettività primordiale ( amore, gioia, ansietà, angoscia). La sua corteccia orbito-frontale gli permette di immaginare soluzioni più efficienti in materia di armi e di caccia , il linguaggio infine fa comunicare di generazione in generazione le esperienze acquisite. La sua immaginazione va oltre , immagina ciò che non esiste , inventa per comprendere quello che non sa spiegare, creando una mitologia di forze oscure ostili. Il suo campo di coscienza essendo occupato nella ricerca di modi e forme che gli consentono la sopravvivenza, il suo vecchio cervello gli è certamente più utile che la sua corteccia frontale o comunque ha meno occasioni per utilizzarla e questa è forse la ragione per cui passeranno millenni senza che si realizzino trasformazioni profonde. La grotta prima ancora del villaggio e il culto dei morti sono i primi fattori di un arresto della corsa dell’uomo e portano in sé i germi della città futura ( Numenfors “ la città attraverso la storia”) in questa primitiva acquisizione del territorio. Il culto dei morti porta a dei periodici “ pellegrinaggi “ del clan con benefici naturali ma soprattutto acquisizioni spirituali che creano un conforto che si proietta nel corso del tempo. Ma i primi villaggi non si sono costituiti con le prime acquisizioni agrarie e con l’inizio dell’allevamento del bestiame, il processo di” urbanizzazione” si svolgerà molto lentamente e nomadismo e sedentarietà continueranno a convivere per lungo tempo. E questo per varie ragioni. L’agricoltura fu all’inizio poco redditizia , è solo lentamente che si creeranno delle risorse alimentari, si programmeranno le semine e i raccolti in una visione più ampia che non il semplice soddisfacimento momentaneo dei bisogni primari. E’ in questo periodo che si realizza quella che Laborit chiama la rivoluzione neolitica. La creazione di una sovrapproduzione alimentare permanente permette di attendere il raccolto successivo e di sviluppare quindi altre attività sul tipo di un artigianato professionale; e in queste stagioni si ponevano le basi per la creazione di nuovi strumenti di lavoro. A questa fase è da far risalire il metodo degli scambi, ed è in questa fase che inizia un decisivo incremento demografico
Figura 3 Una stima dell’incremento della popolazione umana ( H. F. Dorn, Science, 1962 )
A questo punto è da ricordare che in una concezione etologica, l’utilizzazione del terzo programma strutturale condizionante l’evoluzione comportamentale dell’uomo, è legato alla scoperta del territorio. Ed è proprio questa fase della scoperta del territorio che coincide con la rivoluzione neolitica come prima , unica e fondamentale rivoluzione attuata nel corso della storia e dell’evoluzione dell’umanità. In sostanza , l’evoluzione del paleolitico al neolitico non è frutto di una mutazione aleatoria ma una simbiosi tra la forma nuova di uomo agricoltore , con la forma antica il cacciatore: per dare nascita da una società tribale dove ogni elemento è polivalente non specializzato ad una società gerarchizzata , dove ogni elemento si specializza e quindi per la prima volta legami economici e politici diventano più chiarenti e importanti di quelli del sangue. A partire dalla rivoluzione neolitica gli avvenimenti si accelerano , la costituzione delle riserve permette le specializzazioni e la possibilità di meglio utilizzare i cervelli nell’immaginazione e scoperta di progressivamente sempre meno banali nozioni dell’ambiente vitale. E’ in questa fase che cominciano a nascere le prime forme di accumulazione e investimento e diventa essenziale sapere che detiene il potere di direzione cioè chi imposta la vita di questo tipo di società; più di sapere chi è proprietario. In effetti è questo aspetto di direzione della società che esprime la finalità di una società umana; è questo gruppo dirigente che imposta le strutture future, che opera le scelte per tutta la società. Questa fase è anche caratterizzata dalla comparsa di mediatori tra coloro che posseggono e coloro che intraprendono. E’ conveniente a questo punto tentare un approccio allo studio della città in quanto produzione umana, e l’esaminare il modo con cui la urbanizzazione progressiva si va strutturando, può fornirci degli insegnamenti sul significato di questa scelta attraverso la storia e lo sviluppo del sistema nervoso dell’uomo. La città rappresenta il prodotto di un gruppo sociale, cioè in estensione cibernetica, la città è l’effetto di un effettore che è il gruppo sociale .
Figura 4: Analisi della città in termini di servo-meccanismo.
Il gruppo sociale è l’effettore, la città l’effetto. L’ambiente, i bisogni ,le informazioni, sono i fattori che agiscono sull’effettore. Questo enunciato apparentemente evidente è inesatto perché l’effettore per agire ha bisogno di una finalità, è anzi programmato per questo. Orbene la finalità di un gruppo umano non è di costruire una città , ma di vivere , di mantenere la propria struttura . In questo un gruppo umano, non è molto diverso da un organismo vivente, cioè a dire da un raggruppamento cellulare la cui finalità non può essere che il mantenimento della propria organizzazione, della propria struttura complessa in un contesto ambientale che lo è assai meno. L’organizzazione del territorio dell’uomo non è che un mezzo per realizzare questa finalità. Questa organizzazione non può essere finalità essa stessa, non esprimendo che un mezzo indiretto poiché il mezzo fondamentale del mantenimento della struttura della società è il “mercato-consumo.” In tal caso la città non sarà che un mezzo secondario per realizzare questa condizione, essa stessa necessaria al mantenimento della struttura sociale. E’ da notare che ci si trova davanti ad un fenomeno essenzialmente biologico. In effetti la tendenza di una macchina non è quella di mantenere la propria struttura. Il” programma” impostogli dall’uomo è generalmente distinto da quello della sua conservazione; così la finalità di un auto è quella di correre e non quella di mantenersi in quanto struttura complessa. Mentre la finalità di una struttura vivente, quale che sia il livello di organizzazione che ha raggiunto, è sempre e non può essere altro che quello di mantenere la propria struttura. Perciò il fatto di considerare la città come prodotto di una struttura vivente , di un gruppo sociale , ci porta a considerarla come un “ mezzo “ utilizzato da questo organismo vivente per conservare la propria struttura. Così impostato il problema, la città diviene essa stessa un “effettore “ perché agisce mantenendo la struttura del gruppo umano. Questo gruppo umano diventa allora il “fattore” della città perché senza gruppo umano per costruirla, per abitarla, per utilizzarla, non ci sarebbero città. A questo livello di organizzazione dell’insieme dinamico, vediamo già apparire una retroazione della città sul gruppo umano. Seguendo la struttura della città , quella del gruppo umano sarà consolidata o resa fragile perché uno dei fattori della strutturazione del gruppo umano sarà la struttura della città. Si potrebbe allora parlare di una relazione “ in tendenza “ che conduce al “pompaggio” dei cibernetici.
Figura 5: La città
Ciò vuol dire che una retroazione positiva , aumentando il valore di un fattore a partire dall’accrescimento di quello dell’effetto di un effettore , porta alla rottura del sistema: se una società divisa in classi , animata dal rapporto “mercato-consumo” dà vita a una città che autorizza l’accrescimento della divisione strutturale attraverso l’accrescimento del rapporto citato, si può immaginare che elementi di frattura sociale , avranno molte possibilità di svilupparsi. La struttura stessa della società “iniziatrice” rischia così di essere completamente modificata. Ebbene se l’urbanizzazione pone dunque in prima linea il problema sociologico, non va dimenticato che una società si realizza mediante un raggruppamento di individui. E su quali basi si stabiliscono le reazioni inter-individuali? Si deve rispondere a tale quesito partendo dal livello di organizzazione biologica: un individuo entra infatti in relazione con gli altri individui grazie al funzionamento del proprio sistema nervoso. E’ per questo che va precisato come il sistema nervoso funzioni. E più particolarmente che tappe successive di evoluzione ha percorso. Cosa restano e come funzionano nel nostro cervello di uomini moderni, le strutture dei precedenti livelli evolutivi, diventa dunque conoscenza indispensabile per capire le leggi che governano il comportamento nella società, quelle che presiedono alla organizzazione delle strutture sociali.
Ipotesi conclusive
L’esame antropologico culturale ci riporta a considerare l’inizio della storia dell’uomo con costante riferimento al territorio sul quale vive, la storia dell’uomo si confonde così con la storia del territorio dell’uomo. L’uomo è dunque un animale territoriale, tutte le aree che sono occupate sono difese dall’ingresso di altri e il territorio è organizzato secondo diversi livelli di proprietà da quello individuale a quello nazionale. A conferma del territorio quale fenomeno determinante nell’evoluzione della specie umana , Steward nel 1936, attraverso lo studio di selvaggi sparsi in varie zone del globo, concludeva che i costumi territoriali erano tra questi molto simili pur non essendovi comunicazioni tra loro. Studiando i costumi dei popoli più primitivi si nota il passaggio del concetto più semplice di territorio a quello di proprietà , attraverso la identificazione del territorio con i prodotti. E’ il passaggio dall’uomo cacciatore all’uomo pastore che mostra l’estensione della difesa del territorio agli armenti. Varie osservazioni anche recenti confermano questo asserto e sottolineano il rapporto tra dimensioni del territorio e produttività già proprio di molti animali e favorente la identificazione del territorio col prodotto. Il territorio anche nella nostra specie influisce sulla selezione sessuale. Secondo le osservazioni di Bogaras nei Chuckychi della Siberia, il possedere una grossa mandria di renne, di saperla difendere , rappresenta per un uomo di questa razza, una reale attività sessuale. Il territorio tende ad isolare i gruppi e quindi a favorire differenziamenti genetici e culturali. Nella nostra specie l’unico meccanismo che prevenga dall’incrocio stretto è l’orrore dell’incesto. Nell’uomo comunque i tre fattori territorialismo, gerarchia, preferenze sessuali interagiscono e portano alla non casualità degli accoppiamenti. Lo stato sociale e l’aggressività influenzano la conquista e la difesa territoriale, attributi a loro volta oggetto di preferenze sessuali. Il quadro generale che si ricava per la nostra specie è di una tendenza all’isolamento e alla specializzazione locale dei gruppi, a cui concorrono fattori sia genetici che culturali. Facendo più specifico riferimento alla ipotesi di Laborit sul rapporto struttura vivente-territorio, uomo-città ( territorio dell’uomo ), si potrebbe concludere che l’uomo potrà arrivare ad attuare la seconda rivoluzione determinante quello che lui definisce “ neoencefalica “ nel momento in cui conoscerà se stesso, il funzionamento del proprio cervello e imparerà a distinguere le pulsioni ipotalamiche e gli automatismi limbici . Laborit non ha fiducia nei rivoluzionari nel senso tradizionale della parola, e condizionati essi stessi da “ giudizi di valore “, motivati dalle strutture ipotalamiche e limbiche anche se espressi apparentemente da idee nuove generate nelle strutture cerebrali più evolute. Se non sarà presa coscienza della vera natura umana , difficilmente sarà possibile generare quell’evoluzione a livello “informazionale” non solo “ fisico “ che può riunire e dare una nuova dimensione all’umanità. Se sarà possibile fare in modo che i bisogni umani quella quantità di materia, energia e informazione che è necessario al mantenimento di una struttura, siano dettati da una struttura globale immaginante e non da strutture sociali e individuali che si oppongono alla integrazione degli individui e dei gruppi sociali in un insieme più complesso. La resistenza paleo-encefalica a questo processo è formidabile, ma l’uomo sarà costretto a sbarazzarsene come ha rinunciato alle guerre mondiali sotto la minaccia della bomba atomica. L’attuale società industriale è un servo meccanismo che lavora “ in tendenza “ non stabilizza le sue azioni , ma le amplifica in continuazione. La città moderna che è il territorio umano ne è un esempio. Nessun meccanismo può lavorare in tendenza infinitamente, deve sopraggiungere un punto di rottura che per l’umanità può essere la catastrofe ecologica. Questo timore forse sarà più influente di qualsiasi esortazione e l’umanità sarà per questa via costretta a quel salto evolutivo che l’attende. Sin qui l’ipotesi dell’evoluzione umana nell’ambito del territorio. Per quanto riguarda i rapporti tra osservazione sperimentale animale e comportamento dell’uomo, non sembra che l’approccio behaviorista sia adeguato per l’uomo, perché uno stesso comportamento può essere governato da processi cerebrali completamente differenti. Per esempio si può essere eroi e disprezzare il pericolo tanto per estrinsecare la violenza innata del cervello dei rettili , quanto per obbedire agli automatismi “engrammati “ nel sistema limbico come pure per verificare nella realtà un’idea originariamente creata. Ciò si può esemplificare facendo riferimenti all’aggressività . Per gli animali è tutto molto semplice. Se si ammette che l’aggressione è l’azione di una quantità di energia che provoca su una struttura una tendenza stabile, non oscillante, al livellamento energetico, il leone affamato che divora una gazzella è certamente aggressivo. Ma sul piano delle motivazioni neurologiche il suo comportamento non differisce affatto da quello di una massaia che compra una bistecca dal macellaio. L’aggressività umana più che nelle pulsioni ipotalamiche ha le sue radici negli automatismi del sistema limbico, sia che questi vengano messi in questione, sia che vengano difesi. Al giorno d’oggi pertanto, l’aggressività esprimerebbe la difficoltà del passaggio da una società mercantile nella quale i comportamenti sono fondati su miti come quello dell’espansione ,a una società universale nella quale i comportamenti sono basati su fatti scientifici vale a dire sperimentalmente verificabili. E’ in chiave evoluzionistica strutturale il passaggio ad un impiego delle aree associative corticali . La conclusione è significativa perché in questo sistema di mediazioni struttura-comportamento nessuna delle grandi rivoluzioni della storia ha fatto compiere all’umanità un salto di livello paragonabile a quello della rivoluzione neolitica. Tale visione pessimistica secondo Laborit viene attenuata da fatto che si dovrà pervenire necessariamente a quel salto informazionale che permetterà il dominio della corteccia orbito-frontale sugli altri settori del cervello