Di lato al Tevere, una lunga via che costeggia il fiume. Dall’altro lato casupole sparse della Roma delle origini e poi in numero maggiore in quella della Repubblica. Via via case più alte, e all’inizio dell’Impero in prossimità del porto di Ripetta costruirono il Mausoleo di Augusto. Ancora più tardi in secoli vicini a noi la strada si urbanizzò sempre più e prese il nome di via della Scrofa a sud e via di Ripetta a Nord. Oggi termina nella confluenza con la via Flaminia all’altezza di piazza del Popolo.
Un tratto di via della Scrofa corre a ridosso delle mura del convento agostiniano, ora Avvocatura dello Stato, da quando i Savoia espropriarono i beni della chiesa. Oltrepassato il muro, dalla strada, prima che questa seguiti diritta a lambire più oltre l’affaccio sul Tevere di palazzo Borghese e ancora avanti del Mausoleo d’Augusto, si distacca via dei Portoghesi. La chiamano così perché vi abitava un tempo la comunità portoghese, lo ricorda anche una piccola chiesa ridondante di barocco lusitano in versione romana, la facciata come l’interno. Scomparsi i portoghesi, vi si tengono concerti, non funzioni religiose, cultura al posto della liturgia, funziona così. Davanti la chiesa c’è l’ingresso del Convento, ora Avvocatura dello Stato. Ci viene ogni anno il presidente della repubblica ad inaugurarne l’attività. Via dei portoghesi si divide oltre la chiesa e l’avvocatura in via dei pianellari e via dell’orso. La prima corre lungo il lato fluviale del convento e della Basilica annessa di S. Agostino, a ricordare nel nome l’attività degli abitanti nella Roma papale. L’altra corre verso il fiume, ora sbarrata dal muraglione del lungo tevere. La divisione di via dei portoghesi nelle due strade citate è marcata da un palazzo medioevale detto palazzo della scimmia. Un alto edificio con una torretta sulla sommità dove hanno messo una madonnina sempre illuminata, a ricordo e devozione per il fatto miracoloso che lì accadde. Il signore del palazzo teneva in casa un scimmia , e successe che l’animale prese il bambino ultimo nato del signore e lo portò in cima alla torretta sospeso nel vuoto. Preghiere , intercessioni , rosari , un tempo infinito di attesa. Infine la scimmia preso il bimbo ancora più strettamente tra le braccia tornò da basso da dove era salito.
Dirimpetto allo slargo di via dei portoghesi, sul lato destro di via della scrofa, si immette una stradetta laterale: via della stelletta . Il palazzo ad angolo tra via della stelletta e via della scrofa come si vede oggi è una costruzione del 1600 che i documenti attestano costruita su un nucleo originario di una casa medioevale. Aveva a che fare con il monastero agostiniano lì accanto, una scritta sull’arco d’ingresso certifica ancora oggi che fosse una dimora agostiniana. Piacerebbe pensare che fu dimora dell’agostiniano Lutero quando questi venne a Roma per poi ripartirne e dare origine alla Riforma e con essa alla età moderna d’Europa. Ma Lutero verosimilmente non alloggiò lì. Allora come forse ancora oggi la casa madre degli agostiniani era S.Maria del Popolo nella attuale omonima piazza c’era un tempo la chiesa e il convento dei frati ed un ampio spazio verde ingentilito da un lungo porticato. Il tutto fu distrutto dal Valadier, nel settecento per dare origine alla salita del Pincio e alla piazza del popolo attuale. Nella demolizione furono distrutte anche le belle pitture del porticato del Pinturicchio. Ne è rimasto un ricordo nella chiesa in una cappella affrescata del sommo pittore umbro.
Su via della scrofa e via di ripetta si affacciavano nel periodo medioevale case e abitazioni modeste diremmo oggi popolari, sostituite più tardi da palazzi nobiliari di cui alcuni imponenti come Palazzo Borghese che si affacciava sul fiume. Davanti la chiesa di San Rocco si scendeva nel porto sul Tevere chiamato appunto di Ripetta. Anch’esso scomparso insieme ad altre case più prospicienti al fiume, quando i Savoia costruirono i lungo-tevere. Accanto ai palazzi nobiliari le case modeste del tempo medioevale furono sostituite da alti palazzi che sopravvivono ancora oggi: palazzi del 600 e 700. Dunque progressivamente quest’area di Roma che faceva parte del rione Campo Marzio andò mutando e rimasero poche vestigia in superficie dei monumenti di Roma antica, tracce come le case che disegnano i contorni dello stadio di Domiziano e il circo di Pompeo. Magari nel sottosuolo si rinvengono resti più imponenti come l’enorme meridiana che era posta in prossimità dell’Augusteo e che ora giace nello scantinato di una abitazione civile.
Il palazzo di cui parliamo, si affaccia da un lato su via della Scrofa, dall’altro su via della Stelletta. In fondo alla via una macchia celeste-avana tinge un abitato silenzioso come il nome che evoca passate grandezze: il patriarcato della chiesa di Antiochia che lì ha la sua rappresentanza presso il Vaticano. Silenzioso e poco frequentato, deserto come il ricordo della grande città di Antiochia, di cui oggi non rimane traccia. Fu sede di imperatori, di patriarchi, poi più nulla. Ora si stenta a rintracciare il luogo sulla carta geografica. In via della Stelletta nel settecento soggiornavano i vetturini delle carrozze che trasportavano viaggiatori nei territori dello stato pontificio. Alberghi e forse stalle per gli animali, accanto ai palazzi nobili come quello della antica famiglia dei Casali lì dal 1300. Da via della Scrofa, la strada porta in piazza Campo Marzio. Piace pensare che qui accanto alla Pietra dei sacrifici animali ancora presente, i soldati romani in festa per la vittoria su Veio, videro salire in cielo Romolo come racconta Tito Livio, per poi aggiungere che la leggenda tramandata nei secoli nascondeva più prosaicamente l’uccisione del re da parte della neonata aristocrazia romana. Nel complesso del patriarcato di Antiochia sono scomparse le monache che nell ‘VIII secolo arrivarono qui in fuga da Bisanzio sconvolta dalla guerra iconoclasta. Portavano con loro la preziosa immagine della Madonna Addolorata, di altre icone e il corpo di San Gregorio per tutto questo il Papa di allora concesse loro la chiesa nella piazza di Campo Marzio dove costituirono una comunità benedettina sino ai Savoia quando lo stato confiscò molti beni del precedente stato pontificio e quella comunità di suore benedettine scomparve. Nelle altre case di via della stelletta soggiornavano vetturini umbri e marchigiani che percorrevano la flaminia, la cassia, la salaria, le altre strade consolari, correndo tra campagne, boschi, natura incombente e povertà, in compagnia dei resti della Roma antica. Poi il riposo e il sonno negli alberghi di via della stelletta dopo l’osteria e le trattorie per i bisogni del corpo, e giochi e lazzi e grida e puttane e scontri, magari sangue nel ricordo di Caravaggio che abitava lì accanto. Per poi rialzarsi la mattina seguente. In piedi di nuovo, con il sole, il vento, la neve. Sino a sera quando si tornava, se no fuori, a pernottare a Foligno, a Terni, a Perugia , a Macerata, fino ad Ancona o Ascoli, o Rimini. Poi quando misero le puttane via della stelletta fu anche casino, per poi diventare nella modernità abitazione dei politici del vicino parlamento……….