il municipio di FolignoÈ morto l’impiegato comunale Piero Pieri

Era stato un alunno della sezione A, Scuola Elementare Piermarini, in Corso Cavour.  Anni 50, il sapore della guerra nell’aria, e insieme la voglia di ricominciare tutto da capo.Piero Pieri era uno dei trentacinque scolari che ogni mattina con la loro cartella, il grembiule, il colletto inamidato chiuso davanti da un fiocco colorato salivano le scale del vecchio Ospitale, diventato da alcuni decenni scuola elementare, percorrevano i corridoi su cui si aprivano le aule . lasciavano i cappotti o quello che gli somigliava sull’attaccapanni fuori della porta ed entravano nell’aula dove li attendeva il maestro Pagliacci. C’erano tute le classi sociali in quella classe. Pochi figli di professionisti, un po’ più di operai, e di artigiani, alcuni di famiglie disagiate.   Piero Pieri è stato per tutta la vita un impiegato del Comune. Ora non c’è più e lentamente se ne perderà  la memoria, perché a lui come a tanti, come a tutti noi, suoi compagni di scuola, non è occorso nulla nella vita che li abbia resi famosi, che li abbia consegnati all’olimpo dei nomi illustri della città e oltre. Non è stato fortunato con la salute Piero Pieri, il cuore gli si è inceppato varie volte negli anni della vita, fino a quando l’altro giorno ha chiuso l’attività.  Forse hanno contribuito le troppe sigarette, l’unica droga della nostra generazione. Se ne era andato in pensione da alcuni anni, ma non tanti da poter dire che se l’era goduto quel periodo di meritato riposo. La nostra classe è del 47 e dunque Piero si è fermato al traguardo dei sessantanove anni, non molti rispetto all’attuale aspettativa di vita. Forse se lo sentiva di non campare a lungo e, magari per questo, nei pochi anni della pensione, accanto al quotidiano vivere in casa e a spasso, poco per Foligno, qualche volta ai Canapè, gli è presa la voglia di ritirare fuori una vecchia fotografia. C’eravamo tutti noi di quella classe A della Scuola Elementare Piermarini di Corso Cavour, ritratti nel giardino dove si andava per la ricreazione di mezza mattina. Al suono della campanella, in fila, percorrevamo il lungo corridoio in fondo al quale si apriva una vetrata, superata la quale si raggiungeva la breve libertà dello spazio aperto, del cielo sopra di noi. Giochi, lotte e sfottò sotto il vigile sguardo del severo bidello, finché un altro suono della campanella troppo vicino al primo ci riportava in classe.  Piero Pieri si è girato a lungo tra le mani quella foto, poi ha messo un numero sotto di ognuno, quindi il nome di quelli che ricordava, degli altri telefonate e ricerche, finché ognuno ha avuto il suo bel nome sotto il numero. Alla fine ne contò trentacinque e cominciò la ricerca uno per uno. Alcuni facili perché non si erano mai mossi da Foligno altri difficili e per taluni quasi impossibili perché lontani nel mondo. Ma li trovò tutti meno quelli che ci avevano lasciato per l’aldilà’. Infine ha convocato tutti a una cena nel ristorante di uno di noi, Nazzareno Brodoloni. Siamo andati in tanti e Piero Pieri quella sera era felice, come d’impresa bella compiuta, come di compito senza errori. Poi l’altro giorno, non tanto tempo dopo quella cena se n’è andato. Una vita la sua, come tante, trascorsa lontano dalla ribalta, come le nostre e di lui la memoria sopravvivrà nei parenti, in quelli di casa, poi sempre di meno e infine nulla, l’oblio. Virtù nascoste, grandezze inespresse, quotidianità ripetitiva e devastante, sparirà per sempre. Ma allora, a scuola, quasi sessanta anni fa, Tutto doveva ancora compiersi e Piero, quella sera, con tutti noi, è voluto tornare a quell’età prima di andarsene. L’ha fatto per lui, l’ha fatto per tutti noi, ci ha ridato quella sera la speranza che tutto poteva ancora accadere. Si vive di speranza, si vive d’illusioni per combattere la desolante caducità dei giorni della nostra vita. Quella sera Piero Pieri ci ha regalato tutto questo senza che noi ce ne accorgessimo. Per questo lo piangiamo oggi e lo raccontiamo perché il suo ricordo non svanisca.