Calcolosi della via biliare

       

   

 

 

I calcoli dalla colecisti a volte migrano nella via biliare. Dall’infundibolo passano nel dotto cistico e scivolano nel dotto epatico comune, che dopo l’incontro con il cistico si riconosce nel nome di coledoco. Migrano perché spinti dalla peristalsi che agita le pareti della colecisti quando l’ormone colecistochinina secreto in occasione del pasto prende la via della vena porta e lancia il suo messaggio alla muscolatura liscia della fellea. Questa   insieme alla bile spreme anche  i calcoli che per lo più si fermano nell’infundibolo, ma se piccoli passano agevolmente, nonostante le valvole di Heister che cercano di opporsi. Se si fermano lì,nell’infundibolo,sono destinati ad accrescersi man mano che altri depositi colesterinici, biliari, calcici, si depositano sul nucleo originario. Di quelli che penetrano in coledoco, alcuni, spinti dalla peristasi e se di piccolo calibro, possono passare in duodeno, altrimenti fluttuano nel lume asintomatici. Altri combinano guai, che si esprimono nella triade di Villard:coliche, febbre settica ed ittero. Sino allo scatenarsi di una pancreatite quando i calcoli sono responsabili di una attivazione intra-pancreatica degli enzimi. Ecco perché nasce la necessità di intervenire, come e più che nel caso della calcolosi della colecisti, dove, non fosse per la laparoscopia che ha reso nell’immaginario popolare l’intervento una banalità( non è così), potrebbero rimanere silenti anche per sempre, escludendo la colecisti dalla fisiologia biliare. 

La litiasi delle vie biliari                                                                                                                                                                                          In Occidente colpisce il 20% dell’intera popolazione. E ancora nel 20% di individui affetti da calcolosi della colecisti si associano calcoli dei dotti epatici (CBDS), a volte silenti, spesso sintomatici e pericolosi. La diagnosi e il trattamento di questa condizione si è andata evolvendo nel tempo sino al dominio tecnico attuale che per quanto riguarda questa patologia ha significato: ecografia (US), ecografia endoscopica (EUS), colangiografia in risonanza magnetica (MRC), endoscopia, laparoscopia, litotrissia. Questa esplosione della tecnica ha portato a confrontarsi con il problema di sostituire ad una difficoltà diagnostica del passato, un eccesso di esami in termini di discomfort per il paziente e anche di costi.

Clinica

Da questo punto di vista ci è guida nel procedimento diagnostico la obsoleta clinica, vale a dire i sintomi riferiti dal paziente e i valori dei principali marcatori biologici di patologia epatobiliare. In caso di basso profilo clinico per una CBDSci si limita al tempo della colecistectomia, in qualunque modo questa venga eseguita, per lo più evitando l’esecuzione della colangiografia diagnostica preoperatoria e ancor più di quella intraoperatoria (IOC) come si eseguiva da protocollo nella chirurgia tradizionale. Invece nei casi di maggiore evidenza clinica per una CBDS si ricorre alla tecnologia prima ricordata, dalla EUS, alla MRC, alla colangiografia retrograda trans-papillare (ERC) che può diventare atto terapeutico risolutivo della patologia.

Chirurgia open

Oltre quanto detto riguardo alla clinica, e ai diversi approcci che questa suggerisce, c’è spazio per un ritorno concettuale ai dogmi della chirurgia open, quando l’intervento di colecistectomia comportava l’esecuzione di una IOC e se positiva per la presenza di calcoli nella via biliare (CBDS) una bonifica della stessa.  Dunque un solo intervento, spesso con l’apposizione di un tubo di Kehr per controlli post-operatori.L’approccio chirurgico era duplice, riassunto nelle preferenze della scuola di Valdoni e in quella di Stefanini, per lomeno alle nostre latitudini. Nel primo caso la rimozione dei calcoli si ottenevaattraverso una coledocotomia. Quindi si suturava la tomiapreferibilmente in senso trasversale per evitare stenosi.  Nei casi di grande dilatazione coledocica, con il dubbio di una difficoltà a che si potesse ripristinare il normale calibro della via biliare e con esso la funzionalità peristaltica, da cui una stasi biliare con possibile neoformazione di nuovi calcoli, si procedeva ad anastomosi bilio-digestiva. Ovvero coledoco-duodenale o coledoco-digiunale su ansa alla Roux, per consentire un agevole deflusso della bile in intestino, evitando il ristagno con le conseguenze oltre che litogeneanche  infettive.Allora si guardava alla papilla di Vater con timore e grande rispetto, una zona anatomica dove era meglio non mettere le mani, per la confluenza in quel crocicchio, della via biliare e di quellapancreatica, con lo spettro di provocare pancreatiti anche mortali. Il timore fu superato dalla scuola di Stefanini che ideò, sperimentò e diffuse l’intervento di papillostomia.                                                                      Per quella via si asportavano i calcoli previa incisione mucosa e dello sfintere sottostante (proprio, coledocico, pancreatico).Liberata la via biliare si eseguiva sulla papilla una stomiache solidarizzava i lembi della incisione muco-sfinteriale, evidenziando e rispettando l’estremità del dotto di Wirsung, sì che non rimanesse coinvolto nella sutura. Questa aveva lo scopo di guidare il processo di cicatrizzazione in modo che non risultasse una stenosi o per converso una eccessiva beanza, fonte in un caso di ristagno biliare, nell’altro di eccessivo reflusso enterico  con polluzione batterica.

Stato dell’arte odierno

L’avvento dei nuovi presidi della tecnologia sanitaria ha offerto la disponibilità di nuovi e diversi approcci nel trattamento della CBDS che possiamo riassumere in:

  • CHIRURGIA open o laparoscopica
  • ENDOSCOPIA ERC + PST(papillosfinterotomia),

EPBD(dilatazione endoscopica papilla)

  • LITOTRISSIA

Siccome la CBDS si associa sempre a calcolosi della colecisti(CS), questa deve essere risolta ed ecco che si pone il problema se affrontare le due localizzazioni della patologia in un tempo o in due tempi. Rimane accertato che in termini di risultati, la chirurgia open è al primo posto,seguita alla pari dalla laparoscopia e a distanza dai trattamenti in due tempi (chirurgia ed endoscopia) o ancora di più dalla  litotrissia. Nonostante questo, permane la preferenza per il trattamento in due tempi che trova spiegazione in una più impegnativa learning curve per il trattamento laparoscopico in un tempo, per la rarità di centri di riferimento, ed altro.

 

ENDOSCOPIA

Per quanto riguarda le procedure endoscopiche, la tecnica prevede la identificazione della papilla, la suaincannulazione per la colangiografia, la papillosfinterotmia (PST) per l’estrazione di calcoli. Significativa la morbilità sino al 10%: pancreatiti , sanguinamento, perforazione. Tre possibilità per la tempistica:

  • pre-colecistectomia
  • post-colecistectomia
  • Nello stesso tempo

I timori minimizzati da molti chirurgi sulla pericolosità di intervenire sulla papilla di Vater, ha spianato la strada all’esecuzione della PST per via endoscopica, che si avvale dei progressi tecnici nel campo delle fibre ottiche applicate agli endoscopi e tutto il resto. La ERCP diagnostica e terapeutica si è imposta come metodica di scelta nel trattamento della CBD, la discussione rimanendo aperta se farla seguire all’intervento di colecistectomia o precedere, nel caso di una evidenza clinica. Qui gioca un ruolo il discernimento clinico che deve tenere presente i casi percentualmente numerosi di asintomaticità della CBD,  che, in pazienti anziani e con altre problematicità patologiche, può evitare indagini diagnostiche invasive e limitarsi alla indagine ecografica ultrasonica, evitando la colangiografia retrograda a fini diagnostici-terapeutici.Invece nel caso di evidenza clinica della CBD si impone l’indagine diagnostica anche invasiva e la risoluzione terapeutica. La tempistica è legata all’organizzazione delle strutture sanitarie, in qualche caso con l’esecuzione combinata della colecistectomia e della ERCP.Tecnica alternativa per via endoscopica è la dilatazione con palloncino della papilla (EPBD). Il razionale sta nell’evitare traumi eccessivi allo sfintere di Oddi responsabili delle complicanze della ERCP. IL fine è stato ottenuto in parte e la metodica non ha ampia diffusione.Su queste tematiche gioca un ruolo la politica sanitaria che tende a ridurre al minimo i tempi di ricovero, privilegiando day-hospital e day-surgery a volte con discomfort dei cittadini malati.

Chirurgia laparoscopica

E’ in questo contesto che s’iscrive la nostra esperienza. Tra i primi in Italia ad eseguire interventi laparoscopici nel trattamento di tutte le principali patologie addominali, abbiamo sperimentato, dimostrato e resa tecnica abituale, la possibilità diconiugare il principio del rispetto della papilla di Vater con il progresso tecnologico attuale. Vale a dire un intervento laparoscopico con il quale si asporta la colecisti e si liberano le vie biliare dai calcoli in esse presenti. Questo è possibile nelle mani di chirurgi laparoscopisti con grande esperienza, che possano eseguire con successo le manovre della chirurgia tradizionale in ambito laparoscopico. Riassumiamo i vari tempi e passaggi della tecnica.

  • Pneumoperitoneo 12-14mm Hg con ago di Verres. Accesso con tre trocars, solo in casi particolari occorre il quarto trocar. Uno da 10 mm per l’ottica in regione ombelicale , uno da 10 mm in ipocondrio sinistro , uno da  5 mm in ipocondrio destro sottol’arcata costale sul margine esterno del muscolo retto dell’addome.
  • Preparazione del dotto cistico,incisione dello stesso ed esecuzione per questa via di colangiografia( IOC ) che ha valore di primitiva diagnosi, o di conferma di esami preoperatori positivi per CBDS.
  • In dettaglio la tecnica prevede l’introduzione di un catetere fine, flessibile non traumatizzante, tipo catetere ureterale o vascolare con o senza palloncino. Si introduce attraverso il trocar sinistro con l’ausilio della pinza diOlsen che consente di guidare il catetere e di serrarsi sul dotto cistico incannulato per solidarizzare il catetere. Si inietta il mezzo di contrasto seguendo sul monitor dell’amplificatore di brillanza la progressione del contrato nella via biliare e la presenza in essa di calcoli.
  • Sempre per questa via, se possibile, si introduce il coledocoscopioche si affianca all’indagine colangiografica per una migliore definizione del quadro patologico.
  • Attraverso il canale operativo del colecodoscopio o indipendentemente da questo si introduce un catetere con cestello di Dormia per catturare ed asportare i calcoli rinvenuti. La manovra è seguita da copiosi lavaggi con soluzione fisiologica della via biliare
  • In caso di calcoli voluminosi o per altre condizioni che non rendono possibile la via trans-cistico si esegue una coledocotomia, e si eseguono per questa via tutte le manovre descritte nel punto precedente.
  • Sutura della tomia con punti staccati in monofilamento 4/0 dopo apposizione di un tubo di Kehr. Attraverso di questo si esegue un ulteriore controllo colangiografico al termine dell’intervento. Quindi colecistectomia e introduzione di un drenaggio peritoneale.
  • Nella nostra esperienza il tubo di Kehr, nelle tre settimane in cui viene mantenuto, oltre ai normali controlli permette di documentare e forse agevolare il ritorno ad un calibro normale della via biliare, nei casi in cui questa, per una condizione di stasi biliare, era dilatata.

 

Litotrissia. E’ teoricamente il trattamento ideale perché consente, in maniera non invasiva di trattare ad un tempo la calcolosi della colecisti e quella della via biliare. Però, quando efficace, la frammentazione dei calcoli può creare problemi e rimane la opportunità-necessità di eseguire una colecistectomia onde evitare la formazione di nuovi calcoli, nonostante la prescrizione di un regime dietetico severo e la somministrazione di acidi biliari. Per questi motivi la ESWL, extracorporea shock-wavelitotrissia, non ha avuto un’ampia diffusione e la vocazione della metodica è di essere di supporto principalmente alla endoscopia

In questo campo distinguiamo:

  • Litotrissia meccanica endoscopica. Si utilizza la via trans-papillare per introdurre un basket particolare che cattura il calcolo e lo sottopone a onde d’urto meccaniche
  • Litrotrissia endoscopica elettroidraulica. Si utilizzauna sonda sottile 3-fr, sempre attraverso la papilla, che deve quasi penetrare il calcolo perché può danneggiare i tessuti vicini all’emissione dell’onda elettroidraulica.
  • Litotrissia endoscopica con laser.Utilizza il coledoscopio attraverso il cui canale operativo viene introdotta la sonda, con la possibilità di seguire visualmente la frammentazione del calcolo.

Dunque le varie  metodiche della litotrissia appaiono essere un complemento utile delle tecniche endoscopiche, nel trattamento di calcolosi della via biliare